Norvegia, destinazione Trondheim

Il nostro socio Eugenio Laganà ha completato da poco la sua vacanza in moto: da Verona a Trondheim, Norvegia, a bordo di una Triumph Thunderbird del 2009. Cinquemilanovevento chilometri in compagnia del figlio Francesco, che era in sella alla sua Honda Transalp, e di un amico. Francesco è stato così gentile da condividere con noi il suo diario del viaggio.

Verona-Monaco

Dopo un paio di mesi di preparativi (siamo tutti e tre quasi estranei a viaggi in moto di medio – lungo raggio) è finalmente giunta l’ora della partenza.

Ore 14.00 ritrovo al casello di Verona Sud, dove assieme al terzo componente della comitiva (Francesco, Eugenio e appunto Corrado) siamo pronti a lasciare alle spalle il Bel paese. Il percorso di oggi non è per nulla impegnativo, l’obiettivo sarà arrivare a Monaco per ora di cena. A dir la verità la partenza non è delle più entusiasmanti, il mio Transalp parte solo dopo numerosi tentativi, e la spia dell’iniezione rimane accesa facendomi prendere un coccolone. Alla fine basterà solo riavviare la moto perché tutto torni alla normalità, mah.

Il tragitto è il classicissimo Verona-Innsbruck-Monaco, i militari alla frontiera di Austria e Germania ci salutano all’ombra aspettando il loro cambio turno, qui il sole ancora scalda! A Monaco arriveremo attorno alle 19.30, giusto in tempo per vedere la partita dei mondiali e cenare con quello che poi sarà la costante dei paesi nordici, HAMBURGER E PATATINE.

Monaco-Bad Fallingbostel

Partenza per le ore 7.30, lasciamo subito alle nostre spalle la zona fieristica di Monaco per macinare più strada possibile durante le ore meno affollate. Con somma gioia non pagheremo più autostrade, l’ultima sarà l’Austria con la sua mitica vignetta. Già da ora possiamo subito sfatare il mito dell’autostrada tedesca, gran parte di quella da noi percorsa è ingolfata di lavori, troveremo più tratti a 60-80 all’ora rispetto ai tratti a velocità libera. Il risultato è un continuo Stop & Go che ci accompagnerà fino ad Amburgo.

Ci fermiamo nel paesino di Bad Fallingbostel che è quanto di più tranquillo ci si possa immaginare.
Per cena la scelta ricadrà su un ristorante simil italiano, il tris di pasta della casa ha la densità e temperatura del piombo fuso.

Bad Fallingbostel – Hirtshals

Con la giornata di oggi lasciamo la Germania per entrare in Danimarca, alla frontiera dei nuvoloni neri ci fanno solo assaggiare quello che vorrà dire prendere pioggia in moto. Si comincia a puntare a Nord con decisione, il paesaggio cambia, le foreste di sempreverdi tedesche fanno spazio a dolci colline ma spazzate da un vento fortissimo. La presenza del vento è una costante in Danimarca, infatti quelle di pale eoliche sono le uniche foreste che vedremo da qui alla Norvegia.

Ecco ora che un’innocente sosta in autogrill si trasforma in tragedia, il Transalp non vuole proprio partire. Il motorino di avviamento gira a vuoto, complice il malfunzionamento di un paio di giorni prima temo di avere problemi all’iniezione o al motore. Smontiamo la mia moto nel piazzale del parcheggio, proviamo a cambiare relais e fusibili, ma niente. Solo dopo mille imprecazioni ci accorgiamo che il bottone di arresto d’emergenza è premuto, possiamo ripartire verso Hirtshals.

La cittadina di piccolissime dimensioni basa la sua economia e conformazione urbanistica sul porto, dove navi da crociera, mercantili e pescherecci sono i protagonisti indiscussi, non c’è molto altro. Dormiamo in una specie di cabin hotel con check-in automatico, la colazione oltre al solito cibo da tedeschi, propone anche un’invitante teglia di aringhe marinate con cipolle.

Hirtshals-Stavanger

Il porto di Hirtshals già dalle prime ore del mattino è carico di camper, camion, macchine e ovviamente moto. L’attesa è circa di un’ora e ci permette di constatare che siamo quelli che vengono da più distante, l’unica eccezione è una coppia di greci in sella a delle nuovissime KTM Adventure. L’imbarco è veloce, la nave è comoda e moderna, viaggiamo ad una buona velocità, difatti copriamo il tratto di mare che ci separa dalla Norvegia in non più di 2 ore.

Gli altri motociclisti si apprestano subito a vestirsi con l’equipaggiamento anti pioggia, noi li seguiamo a ruota, non ancora ben consapevoli di quello che ci attenderà questa settimana. La Norvegia ci dà il benvenuto facendoci provare quello che per noi è tutto l’opposto dell’estate: vento e acqua, molta, molta acqua, per ore.

Decidiamo comunque di proseguire nel percorso che avevamo preventivato, cercando di evitare il più possibile le statali; il paesaggio è già da ora stupendo. Il miglior paesaggio alpino ripetuto per ore, costellato di laghi, cascate e torrenti, mentre noi patiamo già un discreto fresco i bambini giocano a pallone in maniche corte fuori dalle scuole. Le strade di montagna perfette, nonostante il fitto passaggio di camion carichi di ghiaia, ci conducono fino alla prima vera città norvegese: Stavanger.

Fino ad ora abbiamo incrociato pochissime case ed ancor meno macchine, gli agglomerati urbani non superano quasi mai la cinquantina di unità, già così sembra un paesaggio sicuramente fuori dai nostri canoni cittadini. L’hotel prenotato a Stavanger non presenta una reception, il check in si completa dal ragazzo del bar, che tra la preparazione di un cocktail e l’altro ci consegna le chiavi.

Grazie ad un paranco, che sicuramente avrà visto tempi migliori, raggiungiamo la nostra camera.
La porta fatica ad aprirsi a causa del pavimento in parque che accusa dei rigonfiamenti. La camera è quanto ci basta: una doccia calda e letti, la vista è davvero piacevole.

Stavanger-Bergen

Lasciata la cittadina di Stavanger, il primo vero centro urbano degno di essere chiamato città, ci dirigiamo subito verso l’imbarco del primo traghetto di linea norvegese in direzione Hagesund. Anche oggi la giornata si prospetta piovosa fin dal primo mattino. Il piccolo bar adiacente al porto è ancora chiuso, dobbiamo ancora riuscire a definire i ritmi e gli orari dei locali, sicuramente molto più blandi e meno affannosi dei nostri…tutto sommato non hanno torto.

Il traghetto non compie un tragitto dei più brevi, la traversata impiega circa 45 minuti prima di toccare la riva opposta. Dato il tempo non propriamente tranquillo gli addetti ci consigliano di restare sulle moto per evitare che queste cadano.

Il versante su cui attracchiamo è un fittissimo insieme di isolette e promontori, la strada è panoramica e svelta, corre veloce sopra una miriade di ponti, ponticelli e tunnel. Da questo punto in poi tutta la strada che macineremo nei paesi scandinavi sarà ricca di opere ingegneristiche veramente notevoli e funzionali, le infrastrutture sono perfette e strutturate, il che rende guidare sotto la pioggia un po’ meno stancante. Dalla quantità di cantieri lungo la strada sembra quasi che il norvegese medio se non impiegato nel turismo e nell’economia ittica, lavori per la RISA. Lo stato investe moltissimo nella sua compagnia di manutenzione stradale, ho veramente contato due buche di numero in Norvegia.

Continuando lungo il nostro percorso, la pioggia aumenta di intensità, a tratti è veramente copiosa e sulle isole questo non caratterizza il paesaggio. Ma non appena entriamo nella zona montana e dei fiordi tutta questa acqua che cade dal cielo si incanala e si trasforma in una serie infinita di cascate piccole, grandi o monumentali. Alcune di queste si tuffano nel mare, altre invece proseguono lungo le coste rocciose e gli strapiombi, diventano torrenti e fiumi. Una miriade di affluenti e altre cascatine che scendono dai crepacci gonfiano la massa d’acqua che scende con una forza notevole cercando la strada verso il mare. La terra letteralmente suda; lungo tutta la lunghezza della strada una serie di interventi quali tombini e canali di scolo evita che l’acqua e il terriccio eroso finiscano lungo le strade.

Dopo un paio di ore di guida arriviamo ad Odda, questa città a fondo valle raccoglie in un invaso tutta l’acqua che scende dai monti, il fiume prima impetuoso ora è calmo e piatto quasi fosse un lago. Da qui partono le navette per i turisti desiderosi di salire a vedere il panorama dal Preikestolen e dal Trolltunga, i quali più o meno ordinati punteggiano le stradine della città coperti dai loro k-way di plastica colorata. Noi dalla nostra siamo letteralmente zuppi, decidiamo quindi di fermarci in un fast food per mangiare un qualcosa che vorrebbe assomigliare ad una pizza.

Nel frattempo mi cambio nel bagno cercando di asciugarmi e mettere qualcosa di asciutto dato che l’acqua mi entra dalla tuta a livello del cavallo, intanto un signore che passa di li ci fa segno che la moto di Corrado sta nuotando a dorso dentro una pozzanghera, il vento l’ha spinta giù dalla stampella.
Grazie al paramotore e alle borse in alluminio l’impatto è molto lieve.

I paesaggi di sopra si ripetono senza interruzione di sosta fino a Bergen, dove parcheggiamo la moto in un posteggio pubblico che pagheremo la modica cifra di 15€ a cranio.

Bergen

Questa città fu l’ex capitale norvegese prima del suo passaggio ad Oslo, i magazzini lungo il porto sono quelli che vedevamo nelle cartoline, tutti colorati e affacciati sull’acqua. Oltre a qualche viuzza folkloristica che corre in mezzo alle antiche case di legno la città non ha molto di più da offrire che una bella zona chiusa al traffico. Se dal lato artistico la città pur essendo una delle più belle non brilla, l’atmosfera è quella del vero nord.

Decidiamo quindi di cenare a quella che assomiglia ad una sagra, è il mercato ittico turistico, qui si può mangiare il gambero reale e la balena. Decidiamo si assaggiarla, è buona e ha un non so che di cavallo; prima di essere scuoiati vivi da chi ha a cuore le sorti del mammifero c’è da specificare che questa non è la balenottera azzurra in via di estinzione. Si tratta di un particolare tipo di balena detto Minke Whale, non è a rischio di estinzione ed è possibile pescarle, ma in un numero prestabilito.

Bergen-Geiranger

La mattinata parte con un cielo tutto sommato sereno, nel dubbio ci vestiamo comunque con il completo anti pioggia, non si sa mai. Non ci vuole molto per uscire dalla città e tornare sulla strada che ci condurrà a Geiranger, costeggiamo dapprima un fiordo che sembra non finire mai, ed è impressionante immaginare quanto il mare si spinga nell’entroterra.

La quantità di tunnel e ponti in sequenza, tunnel collegati da ponti e viceversa, non ci permette di capire appieno se quello che costeggiamo sia mare piuttosto che un lago. Sta di fatto che ogni tanto si intravede una grossa nave da crociera che si fa strada lungo la stretta lingua d’acqua. Seguiamo poi nell’entroterra puntando al tunnel di Laerdal. Cerchiamo di raggiungere il nostro punto di interesse segnato sul GPS e lungo la strada imbocchiamo per caso il tunnel di Vallavick.

Questo tunnel, essenzialmente anonimo per la maggior parte del suo percorso sotterraneo, si apre in un’immagine fantascientifica in alcuni suoi punti illuminati da giochi di luce che vanno dal rosso al verde al blu. Al suo interno è presente una splendida rotonda il cui toroide è illuminato a giorno di un colore blu scuro, spettacolare.

Usciamo dal tunnel e proseguiamo percorrendo una ripida gola nel mezzo delle montagne, il paesaggio è alpino, e le casette di legno rosse sono attorniate da campi di fragole e patate. Il tunnel di Laerdal è proprio alla fine di questa gola, questo è il tunnel più lungo del mondo: circa 24 km. Anche questo presenta dei giochi di luce al suo interno, ma non belli come il precedente, ci vorrà una mezzoretta circa prima di uscire dall’altra parte, ed imbarcarci sull’ennesimo traghetto proseguendo lungo un altro fiordo.

Pranziamo finalmente asciutti e proseguiamo verso Geiranger, i punti panoramici si susseguono man mano che saliamo rispetto al livello del mare. Arrivati ad una quota non ben definita, comunque attorno ai 900m sul livello del mare, il paesaggio assomiglia ad un nostro 3000m. Non ci sono alberi ed in cima alla montagna si vede un grosso ghiacciaio.

L’ennesimo tunnel ci condurrà sulla cima della montagna, ne usciremo in un vallone circondati dalla neve, dove le temperature sono attorno allo 0, è Giugno e c’è freddo. Questo vallone termina in un tunnel, che passando sotto ad un lago formatosi dalla neve sciolta ci condurrà ad un passo di montagna veramente splendido, dove le pareti di neve sono ancora intatte e la strada corre stretta e ripida nel bianco. La discesa è anch’essa una strada mozzafiato, con vista su di un fiordo dove la nave incrociata a Stavanger un paio di giorni prima sta scaricando il suo carico umano. Non scenderemo fino al mare, sulla mezza costa della parete destra del fiordo si intravede quella che sarà la nostra casa per stanotte.

Un piccolo ristorante ricavato in un rustico mette a disposizione delle cabin di legno (qui vengono chiamate Ytte), il loro interno è agevole per 4 persone, sono comprese cucina e doccia. Mangeremo al ristorante dell’ottima carne e birra tipiche, il conto sarà salatissimo, d’altronde siamo dispersi nel nulla più turistico che abbia mai visto. Le lenzuola sono soggette ad un supplemento, quindi dato che la casetta di legno non è proprio a buon mercato decidiamo di dormire vestiti nei sacchi lenzuolo. Il sole qui non cala proprio mai e per dormire copriamo le finestre con tappeti e cassetti; non oso immaginare quello che è l’inverno in questa regione, mesi completi di oscurità.

Geiranger-Kristiansund

Geiranger si trova già molto vicino a quello che è il primo obiettivo di giornata, il Trollstigen. Già dopo circa 30 minuti siamo all’inizio di quello che è il versante meno spettacolare del passo, la salita è graduale e corre lungo valloni di roccia brulla senza alberi o altra vegetazione. Dopo circa un’ora siamo sulla sommità, a fianco del moderno rifugio l’acqua raccolta dalla neve in scioglimento viene incanalata in una specie di fontana artificiale, che poi si tramuterà nella cascata presente in tutte le cartoline.

Tentiamo di giungere sino al bel vedere assieme ai turisti scesi dalla nave da crociera attraccata a Geiranger, ma la nebbia non ci permette di vedere ad un metro di distanza, poco male, se non altro non piove…ancora. Dopo una veloce colazione scendiamo dal versante ripido, ricco di tornanti strettissimi con una pendenza notevole, la nebbia pian piano si dirada fino a mostrare completamente il passo e la cascata. È un muro di roccia nel quale è stata scavata una strada tortuosa e stretta, l’acqua lambisce la strada passando sotto un ponticello. La vista è magnifica e la soddisfazione di essere arrivati ad una pietra miliare del nostro viaggio è tangibile.

Riprendiamo la marcia verso Kristiansund. Ora l’obiettivo sarà l’Atlantic Road, non prima di aver preso anche oggi l’immancabile traghetto. Guidiamo un altro paio di ore, il paesaggio ora è meno idilliaco e molto più pianeggiante, ricomincia a piovere, ma a dare fastidio è il vento che sferza lateralmente con una forza quasi da ribaltarmi.

L’Atlantic Road è una strada che collega due punti di terra ferma passando su di una miriade di piccole isole, il pezzo forte è il ponte di Storsesudent con la sua pendenza e piega folle. A dir la verità non ci si rende conto di essere su questa strada fino al punto panoramico precedente al ponte, l’impatto è forte ma non scenico come in foto, probabilmente la prospettiva dalla strada non rende le reali fattezze di questa opera d’ingegneria.

Dopo il solito Hot Dog ripartiamo alla volta di Kristiansund, la città è raggiungibile da questo versante grazie ad un tunnel a pedaggio che passa sotto al mare. Oltre al porticciolo e le sue casette colorate, la location non offre altro di turistico, e quindi guidiamo fino all’ostello che avevamo prenotato il giorno precedente su Booking.

Dopo aver constatato quanto fosse una bettola, ricavata in uno scantinato, decidiamo di disdire e affittare per la notte un bungalow in un campeggio costruito a fianco dello stadio.

Kristiansund-Trondheim

Il tragitto che percorriamo in questa giornata è quello che ci porterà al punto più a Nord del nostro viaggio, la città di Trhondeim. Il percorso prevede il passaggio su alcune isole che poi la strada ricongiungerà alla terra ferma, ovviamente dopo aver fatto un giro sull’ennesimo traghetto.

Come al solito siamo completamente vestiti da pioggia con l’aggiunta di completi termici, tute e scalda collo waterproof, ma la giornata di oggi renderà vano qualsiasi tentativo di restare asciutti. Fin da subito, e per tutta la durata del nostro percorso odierno, subiremo lo sferzare del vento e della pioggia, il tutto unito ad una gradevolissima temperatura di 3 o 4 gradi.

Guidiamo in mezzo a quella che è una delle regioni più disabitate che abbiamo incontrato fino ad ora, il freddo si fa sentire e l’acqua continua a trafilare negli stivali e nella mia tuta che mostra il fianco per l’ennesima volta. Guidiamo così per ore sotto l’acqua che non smette di scendere neanche per un minuto, dopo 2 o 3 ore riusciamo a trovare un benzinaio, beviamo qualcosa di caldo. Siamo talmente congelati e bagnati che da qui in poi ci fermeremo ogni mezz’ora al primo bar disponibile riempiendolo d’acqua e sgocciolando con tute e stivali l’ambiente. Per pranzo cediamo alle leccornie locali, hot dog e cioccolata calda, l’unica cosa in grado di scaldarci.

Alcuni operai in maniche corte ci guardano sorseggiando una granita, fuori ci sono 4 gradi vento e acqua…ridono. Avrei voluto dire qualcosa sui panorami visti oggi, sempre bellissimi e immersi nel verde della foresta, ma di questa giornata ricorderò tanto freddo e bestemmie.

Il divino probabilmente ci ascolta, ed arrivati a Trhondeim dormiremo all’alloggio del pellegrino, un ex ospedale militare con vista sul cimitero adiacente al duomo, fornisce alloggi con termosifoni e doccia calda, giusto quello che ci serve. Le moto devono essere parcheggiate nella corte dell’ostello, per l’irrisoria cifra di 20 euro l’uno. La parrocchia sa come fare bussiness.

Trondheim

Forse di quelle visitate fino ad ora è la città più carina ed artisticamente valida, il centro storico si sviluppa sull’ansa destra del fiume e la zona è completamente pedonale. I magazzini di colore pastello l’uno diverso dall’altro si affacciano sul piccolo fiume che attraversa la città, calmo e quasi fermo nonostante le piogge abbondanti di oggi.

Dal ponte principale notiamo che sono tutti costruiti su palafitte e il traffico di barche è tutt’ora vivace. Appena fuori dal nostro ostello troviamo la facciata dell’imponente cattedrale di Nidaros, una grossa cattedrale dalla facciata fittamente decorata. Grossi gruppi di turisti e pellegrini che arrivano da Oslo affollano la piazza e il centro informazioni. Da li parte un percorso da fare a piedi simile a al Cammino di Santiago immerso nella natura e nel verde, il percorso si conclude proprio qui a Trhondeim.

La città ospita anche una serie di facoltà universitarie, che la fanno risultare un poco più vivace e giovane delle altre. Dopo un breve giro turistico nelle viuzze strette che costeggiano il fiume, ci fermiamo in uno dei più antichi pub locali, è costruito completamente in legno. E’ facile immaginare che nei lunghissimi e scuri mesi invernali la vita della cittadina si concentri in luoghi come questo, facendo passare qualche noiosa ora buia con la compagnia degli amici bevendo un paio di pinte.

Trondheim-Oslo

La mensa dell’ostello del pellegrino oltre a fornire la classica colazione continentale serve dei fuori menù gustosi, ad esempio aringa con cipolla e altro pesce che alle 7 di mattina non si accompagna al meglio con la mia tazza di latte e cereali.

Uno degli obiettivi che mi ero prefissato per queste ferie era di vedere un alce, una renna o qualcosa di simile, ma dobbiamo accontentarci dei cartelli di pericolo attraversamento animali. Oggi ripercorreremo all’inverso tutto il tratto di Norvegia percorso fino ad ora, sfruttando la strada a scorrimento veloce del paese. La E6 non è più grande di una nostra strada secondaria e come tutte le strade norvegesi oltrepassa altopiani, montagne, valloni verdissimi e laghi. Solo in prossimità di Oslo assume la conformazione di un’autostrada a tre corsie che si addentra nel cuore della capitale.

Fortunatamente percorriamo i 700km di oggi sotto uno splendido sole, addirittura dopo una settimana proviamo l’ebrezza di togliere la tuta da acqua e i guanti invernali. Raggiungiamo il nostro hotel nel centro di Oslo, potremo parcheggiare la moto nel parcheggio sotterraneo per la miseria di 25€ a notte…l’una. L’hotel ha circa una quindicina di piani e la modernità della città, con i suoi palazzoni di vetro, stride non poco con i paesini e le case di legno a due piani che punteggiavano le coste e le campagne delle zone più settentrionali. La capitale non è assolutamente una metropoli, le strade sono affollate ma vivibili, camminiamo fino al parco che costeggia il palazzo reale.

La componente di popolazione Siriana e islamica è numerosissima e molto presente, nelle strade è quasi maggioritaria rispetto a quella locale, i preparativi per il Gay pride del giorno seguente fanno scontrare due culture agli antipodi. La visita trascorre piacevolmente, ma a pensarci bene, un paio di giorni sono più che sufficienti per visitare la città.

Oslo-Copenaghen

Quello che rimane della Norvegia scorre velocemente sotto le nostre ruote, così come la Svezia; è solamente un qualcosa che ci divide dalla Danimarca. L’autostrada è scorrevole ed il tempo sereno, la varietà di vetture norvegesi fa posto ad una piattissima distesa di Volvo svedesi.

In una manciata di ore siamo a Malmo, famosa per essere la città di Ibrahimovic e per il suo fantastico ponte che collega la Svezia con la Danimarca. Il ponte di Oresund è un capolavoro dell’ingegneria, collega le due nazioni un tempo nemiche, eppure così simili. Il pedaggio è di 30€ a moto, il ponte è maestoso, per il primo tratto corre a fianco delle navi da crociera per poi tuffarsi sottoterra in un’isola artificiale e risbucare alle porte della capitale danese.

Questa è l’unica frontiera senza presenza militare, sia chiaro nessuno ci ha fermati in nessuna dogana, ma l’impressione è che i controlli vengano effettuati con una certa regolarità alla frontiera sui mezzi sospetti.

Bici, se si potesse descrivere questa città con una sola parola userei proprio….bici. Sono ovunque e sono loro le regine della strada, le corsie riservate sono prioritarie rispetto a quelle trafficate dai mezzi a motore. Il traffico di mattina è eccezionale, semafori regolano le piste ciclabili, quando questo diventa rosso centinaia di bici si accodano e si accalcano, alla ripartenza una carovana di mezzi cigolanti o nuovi di pacca si mette in moto per raggiungere il posto di lavoro a suon di pedalate. E’ una città vivace e giovane, ricca di monumenti ed a misura d’uomo.

Spendiamo la giornata successiva per visitare quanto più possibile, le vie del centro, i canali, i parchi e la sirenetta. La statua simbolo della città attrae un numero alto di turisti di tutte le etnie, a dir la verità non è né imponente né artisticamente notevole, ma è uno dei must per chi visita Copenaghen… da bravi turisti facciamo il nostro dovere scattando la foto di rito.

L’idea di una città verde qui è vicina allo realizzarsi, la tematica ecologica è al centro della vita politica, d’altro canto l’urbanistica lo consente e la ricchezza media del cittadino è un volano favorevole per i cambiamenti che questa città cerca di affrontare. In Danimarca si sta bene, il cambio tra corona ed euro è nettamente a loro favore ed i prezzi così come gli stipendi sono due spanne sopra rispetto ad i nostri standard.

Una birra facilmente supera i 10-12€, mentre il vero salasso sarà per le nostre moto parcheggiate sulle strisce blu, sborseremo la bellezza di 40€ a testa per un giorno ed una notte di sosta. Fortunatamente di Domenica il posteggio era gratuito, altrimenti avremo pagato più di parcheggio che di hotel.

Copenaghen-Berlino

Lasciamo la città delle bici per prendere il traghetto che dalla Danimarca ci farà sbarcare in Germania, per la precisione al porto di Rostock.

Durante l’attesa per l’imbarco conosciamo una coppia di pensionati portoghesi di ritorno da Capo Nord. In sella alla loro Honda Goldwing, il loro viaggio li riporterà a Praga per il super rally e poi di ritorno a Lisbona, per un totale di un mese e mezzo di viaggio.

Le pale eoliche, presenti numerosissime sia in Germania che in Danimarca ci salutano roteando le loro braccia meccaniche. Siamo effettivamente sempre più vicini a casa. Arrivati a Berlino e scaricate le valigie al Mercur hotel del quartiere del Moabit, ci dirigiamo subito in centro per un assaggio della capitale tedesca, multietnica e multiculturale.

Il giorno seguente visiteremo la città sugli autobus dotati di guida turistica, la differenza tra le vecchie Berlino Est e Ovest è tutt’ora marcata, il Reichstag, la porta di Brandeburgo, il memoriale della Shoah, Alexander Platz… insomma tutto quello che si può vedere a Berlino in due giorni.

Questa capitale la pensavo più moderna a dir la verità, non è bella in termini assoluti né artistica, ma per chi è appassionato di storia è sicuramente un must.

Berlino – Monaco

In questi giorni di capitali ci eravamo abituati forse troppo bene, neanche una goccia di pioggia.
Percorriamo velocemente i primi 400km circa, ma gli ultimi 150 saremo colti da un acquazzone che ci accompagnerà per tutta la giornata fino all’arrivo.

Le autostrade tedesche saranno pure gratis, alcuni tratti saranno pure senza limiti di velocità, ma sono completamente prive di asfalto drenante. La pavimentazione composta da lastroni di cemento non drena, e per noi guidare in autostrada diventa davvero difficile a causa dei muri d’acqua sollevati da macchine e camion. Ci armiamo di pazienza e percorriamo in scia ad un camion gli ultimi km fino alla città Bavarese, questa sera una birra da litro e mezzo maiale nel piatto non ce lo toglie nessuno.

Monaco–Verona

Ancora in preda agli sbuffi del porcellino sacrificato la sera prima, ci dirigiamo verso casa, oltrepassando il Brennero. La lingua torna comprensibile e la temperatura, così come l’afa, sale. Passiamo dai 12 gradi di Monaco e ai 34 di Verona, per non farci mancare niente ci spariamo la Peri-Fosse. A casa ci aspetta una bella insalatona, che dopo circa 15 giorni di dieta prettamente carnivora non è mai stata così buona.